Paola Turci: due ernie del disco e sei anni di dolori. Sono rinata con la ginnastica Stampa
Venerdì 28 Maggio 2010 00:00
Interrompendo improvvisamente l’attività sportiva, anche la muscolatura si è bruscamente rilasciata, provocando una compressione delle vertebre.

corriere della seraMILANO - Mi rendo conto che sia quasi impossibile, per chi non lo vive, immaginare cosa significhi avvertire per anni la sensazione orribile di essere spaccata in due dall’ombelico in giù.
È un dolore atroce che ti prende alla zona lombare, quella delle vertebre che i medici chiamano L5-S1 e che sembra dividerti il corpo in due parti, una superiore e una inferiore, costringendoti a tenerle insieme con uno sforzo disumano.
Se poi non riesci neppure a capire a cosa sia dovuto è veramente angosciante.
Perché ormai erano passati tre anni da quella sera in cui era improvvisamente cominciato tutto.

Ero a una cena di lavoro in un ristorante milanese con i miei discografici, quando ho iniziato a provare insofferenza nello stare seduta. Non trovavo una posizione comoda, mi dondolavo da un lato all’altro con una sensazione fastidiosissima alla schiena, alle gambe e ai piedi. Una sensazione che non riuscivo a mettere a fuoco. Non mi era mai successo, anche perché ho sempre fatto molto sport: ore e ore dedicate alla mia passione per la danza di tutti i generi e a quella per lo sci nautico. Da un po’ di tempo, però, mi ero fermata completamente, preda della pigrizia: vivevo un periodo felice, mi sentivo in gran forma, avevo smesso di fumare e non avevo preoccupazioni. Mi ero completamente rilassata. È stato proprio quello il problema: interrompendo di botto l’attività sportiva, anche la muscolatura si è bruscamente rilasciata, provocando una compressione delle vertebre con due ernie allineate. Una era addirittura una scheggia, che insieme all’altra mi infliggeva il dolore lancinante.

UNA MATTINA, IL BLOCCO TOTALE - Quella sera, non riuscendo più a stare seduta né in piedi, sono tornata a casa. La mattina dopo, il blocco totale. Pensavo che la cosa migliore fosse la fisioterapia e mi sono rivolta al primo di una serie infinita di specialisti. Una via crucis durata tre anni, nei quali ho provato di tutto: pilates, ossigenoterapia, agopuntura, farmaci, manipolazioni. Dal biologo all’osteopata, dal naturopata al posturologo, fino al metodo McKenzie, niente e nessuno riuscivano a darmi un sollievo che durasse più qualche ora. Intanto io stavo sempre peggio: seduta, in piedi o distesa, ogni posizione mi provocava un dolore insopportabile. Ho vissuto momenti di profonda disperazione, in cui mi chiedevo che senso avesse continuare a vivere con tanta fatica e tanto male. Ogni volta che mettevo fine all’ennesimo, inutile trattamento, mi sentivo sconfitta. Cominciavo a non farcela più. La mia sofferenza svaniva solo quando salivo su un palco per un concerto: per un paio d’ore, cantando in pubblico, tornavo a essere quella di sempre. Non ho mai rinunciato a una serata, anche se i viaggi da una città all’altra mi costringevano a stare sdraiata sul sedile posteriore dell’auto, nervosa e abbattuta.

LA SALVEZZA? GLI ESERCIZI PER LA POSTURA -
Nel frattempo, una risonanza magnetica aveva svelato le ernie del disco. «Poverina! Starà soffrendo da morire», aveva commentato il medico subito dopo la diagonsi. La terapia però non si trovava. Un giorno, sul palco, stavo peggio del solito ed ecco arrivare Andrea Angelucci, trainer e mio salvatore. Chiamato da un mio collaboratore, mi ha messo le mani sulla schiena: dopo cinque minuti mi sentivo rinata. Da allora, per oltre due anni mi sono affidata a lui: veniva a casa mia tre volte a settimana e giorno dopo giorno mi ha risistemato i muscoli lombari, applicando gli esercizi della back school, la scuola per la schiena, cioè una ginnastica che serve a correggere i difetti di postura. Mi ha anche spiegato che più si sente dolore e meno bisogna pensarci, altrimenti per proteggersi si finisce per assumere posizioni o fare movimenti che peggiorano la situazione. Esercizio fisico e mentale, tempo e costanza: ecco le medicine che hanno messo fine al mio calvario durato sei anni.

Paola Turci (testo raccolto da Grazia Garlando)
Tratto da: CORRIERE DELLA SERA.it